Artista con un passato da direttore dell’ufficio stile della maison Versace, Bruno Gianesi contamina nelle sue opere la lezione delle avanguardie storiche (in particolare del surrealismo) con suggestioni provenienti dal mondo della moda e dalla società della comunicazione.
I lavori presentati in questa mostra – che come di consueto sono stati creati non solo dipingendo su tessuto, ma usando il tessuto stesso come materia pittorica – prendono di mira la diffusione pervasiva di fake news che infesta non solo il sistema dei media, ma ormai anche la vita quotidiana di chiunque possieda uno smartphone.
Gianesi considera le fake news nient’altro che evoluzioni tecnologiche delle antiche bugie: un termine sottovalutato, perché considerato infantile e innocuo, che invece nella sua radice etimologica rimanda a un atteggiamento di malvagità (v. il termine tedesco böse che in italiano significa proprio malvagio) e non solo di alterazione della verità. Il protagonista della maggior parte delle opere in mostra è, con il suo inconfondibile naso allungato, la figura più emblematica di “colui che dice le bugie”. Pinocchio è anche una metafora dell’individuo massificato che, nella sua conoscenza della realtà, dipende da coloro che “tirano i fili” del consenso. In quanto burattino, inoltre, la creatura letteraria di Collodi richiama quel processo di riscoperta
La marcia dei Pinocchi Omaggio a Gianni Versace
delle potenzialità espressive della marionetta, condotto prima dai simbolisti poi dalla metafisica e dal surrealismo, a cui Gianesi ha sempre guardato con interesse.
Una sezione della mostra raccoglie invece alcune opere che l’artista ha creato in omaggio a Gianni Versace. Questi lavori – realizzati per la mostra “Dialoghi-Dissing. Gianni Versace Magna Grecia Tribute” tenutasi presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli nel 2017, in occasione dei vent’anni dalla scomparsa dello stilista, e approdata come “Versace Retrospective” nel 2018 al Kronprinzenpalais di Berlino – rimandano agli anni di vita professionale presso la maison Versace durante i quali, come scrive Roberto Borghi nel testo di presentazione, «Gianesi si è formato in quanto artista, prima ancora che come designer». Sedici anni durante i quali il contatto con Gianni Versace gli ha permesso di comprendere quanto la moda possa essere un modello di autenticità se, come accadeva in passato, riesce a essere «ricerca della bellezza prima che del consenso, qualità artigianale prima che strategia di marketing, creazione di un modello estetico da proporre alla società invece che esaltazione dei modelli più antiestetici scaturiti dalla società stessa».
BRUNO GIANESI Nel 1984 entra a far parte dell’ufficio stile di Gianni Versace. Vi resta per sedici anni in qualità di capo stilista e responsabile dei progetti teatrali disegnando e curando la realizzazione dei costumi per coreografi e registi quali Maurice Béjart, Roland Petit, William Forsythe e Bob Wilson. In questo periodo disegna anche abiti per personaggi famosi e del jet set internazionale quali Elton John, Madonna, Lady Diana, Sting.
Ha tenuto mostre personali delle sue opere presso la Cittadella del Palazzo Farnese di Piacenza, la galleria Artepensiero e la galleria Movimento di Milano, la galleria Artelier presso il Palazzo Ducale di Genova, la galleria Quadrige di Nizza, il Castello Dal Verme di Zavattarello.
LE BUGIE E L'ALTRA MODA
Abbiamo ormai dimenticato che è esistita un’altra moda. Una moda che era ricerca della bellezza prima che del consenso, qualità artigianale prima che strategia di marketing, creazione di un modello estetico da proporre alla società invece che esaltazione dei modelli più antiestetici scaturiti dalla società stessa. Di questo altro mondo della moda – forse mitizzato, ma d’altra parte mitizzabile – ci parlano, più o meno indirettamente, le opere di Bruno Gianesi. In quel mondo infatti l’artista si è formato in quanto artista, prima ancora che come designer: e in questo paradosso sta la peculiarità più preziosa del suo percorso, oltre che del suo ambiente di provenienza. Negli anni di direzione dell’ufficio stile della maison Versace, Bruno ha disegnato abiti e accessori di haute couture, e costumi di scena per molte tra le più note coreografie rappresentate nei teatri europei. Da quell’esperienza, durata all’incirca sedici anni, è nata la sua visione danzata della figura: ovvero una concezione dell’immagine pittorica in cui le figure, quando sono in movimento, seguono un ritmo minuziosamente cadenzato, come avviene appunto nella danza. Anche le marionette dipinte negli ultimi cinque anni rispondono a questa visione, con la differenza sostanziale che il loro è un ritmo lento, uniforme, meccanico.
Nella pittura di Bruno possiamo quindi osservare un graduale mutamento della raffigurazione e del significato della marionetta: da musa inquietante rappresentativa della poetica del Surrealismo (un’avanguardia che continua ad avere un ruolo importante nelle opere del nostro artista) ad allarmante metafora della perdita di autonomia intellettuale dei singoli, la cui coscienza è sempre più eterodiretta da coloro che sanno come tirare i fili dell’assenso collettivo. Non è soltanto un problema di massificazione: si tratta semmai, usando un termine che ricorre nel lessico di Bruno, di omologazione, una parola che, nella sua radice greca, contempla l’aggettivo omòs, cioè stesso, e il sostantivo lógos, che in italiano significa discorso. La minaccia denunciata dalle marionette di Bruno proviene dall’uniformarsi nel tenere lo stesso discorso: un discorso pericolosamente identico per tutti, e per di più falso.
La tipologia di marionetta raffigurata negli ultimi dipinti rimanda non a caso a quel protagonista di una celebre fiaba che è passato alla storia per le sue bugie - più che per la sua miracolosa trasformazione in essere umano. Replicato e variato tendenzialmente all’infinito, Pinocchio in questo caso è l’emblema dell’individuo che si nutre di fake news, e a sua volta le propaga, ma è anche il prototipo del conformista che, con il suo passo meccanico, ha scelto - per dirla con uno slogan che sintetizza un po' brutalmente la questione - di marciare invece che danzare. Solo invertendo il passo e andando Controcorrente, come si intitola uno dei lavori più interessanti, si può riacquistare un ritmo non omologato, e in fondo anche singolarmente cadenzato.
Questa mostra presso la Fondazione Matalon propone anche una serie di opere su carta che Bruno ha dedicato alle creazioni di Gianni Versace in occasione dei vent'anni dalla sua scomparsa. Versace è stato uno dei protagonisti dell'altra moda, quella che, almeno sino alla fine degli anni Ottanta, ha perseguito una sua idea di autenticità, di autonomia estetica dai modelli di massa, di distinzione - per usare un termine oggi decisamente fuori moda. Non è un caso se questi meticolosi, quasi virtuosistici lavori colgano, come in un fermo immagine, delle figure femminili dall'andamento impetuoso: anch'esse, a loro modo, danzano seguendo il ritmo di un ricordo felice.
Roberto Borghi
La Fondazione Luciana Matalon è lieta di ospitare dal 7 al 31 Maggio la mostra personale di Bruno Gianesi intitolata Bugie.